Ultimo appuntamento del mini ciclo di conferenze della Dante Alighieri, con un incontro su Verga nel Centenario dalla morte. Ospite della Dante di Siracusa la professoressa Cecilia Nizza, già docente di ruolo presso le Scuole della Comunità Ebraica di Milano, dove ha insegnato materie letterarie nella scuola media e poi lingua e letteratura francese al Liceo Linguistico, collaboratrice con il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, dal 2006 membro del Consiglio della Comunità Ebraica Italiana di Gerusalemme, responsabile per la cultura e le relazioni esterne.
Dopo i saluti iniziali della professoressa Maria Teresa Mangano, presidente del comitato Dante Alighieri di Siracusa, la professoressa Nizza ha analizzato la figura di Verga e di Emile Zola, frequentemente affiancati nello studio della letteratura italiana.
Partendo dalle affermazioni teoriche dei due autori, in base alle quali per lo scrittore francese l’autore deve essere osservatore e sperimentatore, la professoressa ha mostrato come invece per Verga l’opera d’arte non possa assimilarsi a qualcosa di scientifico, ma debba partire dall’osservazione, per poi tradursi nella perfetta impersonalità dell’autore.
Lo stesso gruppo di autori discepoli di Zola, partecipanti alle “Soirées de Médan”, dal nome della Villa dello scrittore francese a Médan, dove si riunivano per creare, ben presto si verificherà una Fronda, nella quale primo fra tutti Guy de Maupassant si staccherà dal maestro, elaborando una propria tipologia di scrittura, considerando il vero come non sempre verosimile e confermando come l’autore debba dare la completa illusione del vero, utilizzando cionondimeno sempre il suo occhio e l’intelligenza che la natura gli ha conferito.
Anche Verga definisce se stesso osservatore, anche se non sperimentatore, nella prefazione de I Malavoglia, lui che guardandosi attorno ha la possibilità di vedere coloro che restano travolti dalla fiumana e, a suo avviso, solo i forti superano gli ostacoli, in attesa di essere travolti essi stessi in un domani.
Ad ogni modo, è un epoca in cui gli autori si rivolgono all’analisi delle classi sociali più basse, che assurgono a protagoniste di romanzi rimasti pietre miliari della letteratura mondiale, opere nelle quali Verga ritiene che la mano dell’artista debba restare assolutamente invisibile, in modo che l’opera sembri fatta da sé, e Zola considera dovere dell’autore essere quasi un verbalizzante delle vicende del Popolo, in un’opera che sia opera di verità.
Nella parte finale della sua relazione la professoressa Nizza opera poi un parallelo tra una scena della novella Libertà di Verga e una del romanzo Germinal di Zola, in cui a colpo d’occhio si colgono i punti in comune , soprattutto nella definizione delle masse di folla inferocita che reagisce ai soprusi del potere, dimostrando comunque come entrambi gli autori restino grandi evocatori di vere e proprie istantanee che definiremmo “cinematografiche”, nelle quali il dettaglio riveste un ruolo centrale.